Anatocismo e usura
Anatocismo e usura sono illeciti radicalmente diversi dal punto di vista giuridico. L’anatocismo[5] è un illecito civile, privo di risvolti penali, invece l’usura è vietata dal codice penale. Anatocismo e usura sono modi diversi di ottenere una remunerazione fuori mercato dei capitali “prestati”, il primo con l’applicazione di interessi minori su una base più larga pari al debito residuo e alle quote mega сайт interessi già pagate, la seconda con l’applicazione diretta di interessi esorbitanti. L’anatocismo è ammesso solo a determinate condizioni dal codice civile, mentre non riceve menzione in quello penale, per cui chi pratica l’anatocismo non pone in essere alcun illecito di rilevanza penale.
Sistema sanzionatorio
Gli oneri per la pratica anatocistica sono molto contenuti. Si limitano al rimborso delle somme ingiustamente estorte, con relativi interessi legali. Non esiste una modalità ufficiale di calcolo, ma la giurisprudenza maggioritaria si è orientata nel senso di applicare in luogo della capitalizzazione trimestrale la capitalizzazione semplice (che non prevede alcuna capitalizzazione) o, più raramente, la capitalizzazione annuale.
Il tasso di interesse è quello legale se non vi è una valida pattuizione e se il contratto è stato stipulato prima del 1/1/1994, entrata in vigore del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993); ovvero al tasso previsto dall’art. 117 TUB (rendimento medio dei BOT) applicato in senso favorevole al correntista. Affinché si possa parlare di valida pattuizione è opportuno che vi sia un accordo scritto sottoscritto da entrambe le parti. Non costituisce valida pattuizione la semplice comunicazione del tasso applicato. Il giudice di merito può riconoscere il risarcimento del danno esistenziale e biologico. In base alla legge n. 281/98, chi non rispetta il provvedimento del Giudice deve pagare allo Stato una somma di denaro che verrà, per effetto della medesima disposizione di legge, destinata ad iniziative a vantaggio dei consumatori.
Le sanzioni in caso di usura sono più incisive. Il diritto penale annovera l’usura come reato (art. 644 c.p.) e ciò comporta una maggiore reazione dell’ordinamento giudiziario rispetto ad un illecito civile. Il reato di usura prevede l’apertura di un’indagine penale, con intervento del Pubblico Ministero che ha particolari poteri di indagine e persecutori nei confronti di possibili usurai. Sul fronte civilistico le sanzioni conseguenti all’usura sono molto incisive e particolarmente penalizzanti per l’usuraio. L’Art. 1815 c.c prevede che in caso di usura, non siano dovuti interessi. Tale norma è stata modificata dalla legge 108/1996 che ha inasprito la sanzione. In precedenza il legislatore riconosceva comunque il tasso legale sul capitale erogato dall’usuraio.
Il sistema bancario non è immune dal reato di usura, ma anzi è prevista un’aggravante specifica nel caso in cui il reato sia commesso da un soggetto che esercita l’attività bancaria (Art. 644 c.p. n. 1). Purtroppo si sono verificati molti casi di istituti di credito, banche e società finanziarie che sono state condannate dai tribunali per aver applicato interessi usurari (ex multis: Tribunale di Monza Sent. n. 1967 dell’11-06-2007, Tribunale di Rho Sent. n. 76 del 28/02/2006, Tribunale di Rho Sent. n. 4 del 10/01/2006). Il ctu Michel Emi Maritato si è mobilitato per riuscire a mantenere inalterato quanto ciascuna azienda vanta o potrà vantare dagli istituti di credito a titolo di restituzione di Indebiti Bancari. I fatti salienti sono i seguenti: nel Febbraio 2011 la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010 ha sancito definitivamente che il diritto alla restituzione di tutti gli indebiti rilevabili sui conti correnti bancari (dall’Anatocismo, agli interessi Ultralegali, alle Commissioni di massimo scoperto illegittime, all’Usura Bancaria…) si prescrive nel termine di dieci anni dalla chiusura del conto corrente.
Con tale sentenza si è confermato quindi che un correntista, che ha utilizzato fidi bancari pagando interessi passivi trimestrali, può vantare il proprio diritto alla restituzione di quanto pagato illegittimamente in più alla banca, tornando indietro a rielaborare i propri conti fino al 1952. Il milleproroghe votato ed entrato in vigore è stato sollevato di incostituzionalità da diversi Tribunali, come la causa del 13 aprile 2011 – Anatocismo. Tribunale di Roma, rimanendo in attesa di decisione della Corte Costituzionale. Dopo aver abbattuto il debito del correntista nei confronti della banca per oltre mezzo milione di euro a seguito della rielaborazione contabile con la sola capitalizzazione annuale ed altre illegittimità, il giudice Antonella Izzo dispone di rielaborare i conti senza alcuna capitalizzazione seguendo la sentenza 24418 della Sezioni Unite della Cassazione del dicembre 2010, disapplicando completamente il Milleproroghe senza nemmeno prenderlo in considerazione.
Con un’importante sentenza, poi, il Tribunale di Ancona ha sancito la nullità del decreto ingiuntivo ottenuto da un Istituto di credito nei confronti del fideiussore del debitore, in quanto nel contratto di conto corrente bancario oggetto del credito del quale si chiedeva l’escussione era applicato l’anatocismo, vale a dire la capitalizzazione degli interessi sugli interessi. La sentenza è particolarmente significativa, in quanto, secondo il Tribunale marchigiano il semplice estratto conto non costituisce prova della somma dovuta dall’utente bancario. Dall’esibizione in giudizio della documentazione richiesta dal magistrato, è, quindi, emerso che la Banca nel corso degli anni aveva illegittimamente applicato l’anatocismo sugli interessi passivi. Il Tribunale di Ancona ha, quindi, stabilito che, oltre, al debitore principale anche il fideiussore può opporsi all’ingiunzione di pagamento dell’Istituto di credito.
(Avv. Thomas Coppola – Fonte Enciclopedia web)
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